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sabato 23 ottobre 2010

pillole di saggezza (altrui)

Passeggiando in biblioteca alla ricerca di non so che libro mi sono imbattuta in un volume di piccolissimo formato: La bambina filosofica. PIllole di saggezza altrui di Vanna Vinci. Non sono una fan di fumetti e tanto meno di graphic novel, non ho letto  Sin City e tanto meno Persepolis ma questo libello è divertente e interessante anche per i non addicted. Citazioni e aforismi di illustri pensatori, scrittori o personaggi pubblici del nostro tempo vengono interpretati iconograficamente da questa bambina, già caustica e irriverente nonostante l'età, già stressata e disillusa nonostante la fanciullezza. 



Sfogliando più attentamente ho scoperto che l'autrice, Vanna Vinci, ha già all'attivo varie pubblicazioni ed è un'illustratrice molto apprezzata. 
Esiste anche il sito ufficiale dedicato a La Bambina Filosofica, dove si può leggere anche la sua intervista, dove la protagonista rilascia dichiarazioni ovviamente ciniche e a dir poco taglienti. Eccone un piccolo estratto: 
"Le capita spesso di arrabbiarsi col prossimo? Spessissimo, mi applico anche. L'arte dell'ira non è un dono innato, bisogna lavorare duro. Del resto, il prossimo, come lo chiama lei, è un intruso, una seccatura... Come lei, del resto! Io mi adeguo, mi incazzo, cerco la strage e convoglio tutta la mia energia per fare di voi grattacapi, il prossimo appunto, la mia fonte massima di ispirazione. A volte tenderei anche a eliminarlo, il prossimo… per esempio la bambina dei vicini... però quella è sfuggente come un'anguilla... Lei per caso ha visto dov'è andata?"
Per coloro che non si sentono mai le Candy-Candy della situazione, che all'odiosa perfezione di Lucy di Seventh Even preferiscono la (e)marginalità sociale di Daria, che odiano i mush mellow solo per il colore troppo "baby", una nuova, e non ultima, una bad icon.


A proposito di questa -finalmente dichiarata- passione per la cattiveria e il politicamente scorretto, ecco il link di un intervento a Radio24  della mia professoressa Patrizia Martello, durante la trasmissione "Essere e Avere".
http://www.radio24.ilsole24ore.com/main.php?articolo=moda-societa-viaggio-900-cattiveria-tempi-guerre-cambiamenti-storia-






lunedì 18 ottobre 2010

Biennale di Venezia 2010

People meet in Architecture, il titolo della Biennale di Kazuyo Seijima.
Less Aesthetics, more Ethics, il titolo di quella diretta da Massimiliano Fuksass.
Nel caso dello studio Mumbai, il secondo era certamente il titolo più appropriato..















mercoledì 13 ottobre 2010

Hommage a Phoebe Philo



Phoebe Philo è brava. So che non serviva questo post per niente perspicace per capirlo, ma voglio scriverlo lo stesso.
E' brava allo stesso modo in cui lo è Miuccia Prada. 
Le due designer condividono lo stesso tipo di talento declinato poi in mood differenti poiché originati da sensibilità e immaginari di riferimento differenti e destinati a due target distinti anche se non diametralmente opposti e in parte sovrapponibili. 
Alex Katz,  Song, 1980-1981
Mentre la donna Prada ricorda e ci ricorda - sia per l'estetica che per il carattere fiero e ostinato - Frida Kalho , la donna Celine sembra uscita da un ritratto senza tempo né luogo di Alex Katz, tanto è equilibrata e significativamente silenziosa. Non porta segni che permettano di riconoscere provenienza e passato, non indugia in decorativismi o virtuosismi couture. Non è brandizzata, non è logata, non è datata. é semplicemente elegante e elegantemente semplice. L'essenzialità è un valore all'interno della poetica della Philo , il rigore pure. 


Alex Katz, Brisk Day II, 1990
Ogni dettaglio, cucitura, risvolto o pince, è misurato e calcolato al millimetro per non cadere nel manierismo e nello sterile minimalismo.   La perfezione nelle misure e nelle proporzioni di uno smanicato in pelle color coccio - che è diventato l'Arancio-Céline- diventa caposaldo di un'estetica contemporanea, mentale e mai sfacciata, di una femminilità e di una sensualità sussurata, che non necessita di scollature e spacchi per attirare l'attenzione. Le bluse indossate sopra pantaloni e gonne, entrambi dal taglio grafico, ricordano l'abito monacale e le casacche seicentesce, come quelle indossate da Lucia Mondella. Le tuniche hanno un che di clinico, ma è una questione di estetica più che di attitude o di riflessione sulla moda, come nel caso dei camici di Margiela. 
I colori sono puri, acrilici, stesi in grandi campiture omogeneee ancora come in un'opera di Katz, e anche quando la designer si concede a fantasie e stampe, come nei completi casacca e pantalone, l'insieme risulta equilibrato, educato, felpato. 
Non c'è sempre bisogno di urlare per farsi sentire, anche se detto da me può sembrare ridicolo. Una volta la mia amica Ale, per giustificare il suo gusto minimal e mai eccentrico, mi disse - nonostante la sua ipnotica bellezza - che bisogna farsi notare per ciò che di intelligente si dice e non per ciò che di barocco si indossa o per quello che si espone nel proprio davanzale. Questo ragionamento, che rende giustizia all'intelligenza della mia grande amica, fa pensare alla moda di Phebe Philo, una moda in grado di  distinguersi per l'intelligenza e non per i ricami , gli scolli o le paillettes.

mercoledì 6 ottobre 2010

coming soon

Sto preparando un post molto sostanzioso  a proposito di un tema su cui posso dire di essere tra i maggiori esperti a livello nazionale: "L'opera di Luciano Ligabue". Sarà una summa del mio pensiero teorico, un saggio riassuntivo di discorsi iniziati con altri fan e mai finiti e che non finiranno forse mai perché  cercare di spiegare una canzone è come pretendere di riconoscere il senso ultimo di un taglio su una tela nuda. Sappiate che questo post avrà carattere scientifico e sarà scritto con il massimo impegno possibile. 
Stay tuned

lunedì 4 ottobre 2010

L'Avvelenata - Francesco Guccini



Val la pena fermarsi quattro minuti e quarantuno secondi per poter masticare e assaporare questo sfogo. la scena, come testimonia luciano ligabue, si ripeterà ancora e ancora e ancora, perchè la madre dei cretini è sempre in cinta.
"Colleghi cantautori, eletta schiera, che si vende alla sera per un po' di milioni, voi che siete capaci fate bene a aver le tasche piene e non solo i coglioni... Che cosa posso dirvi? Andate e fate, tanto ci sarà sempre, lo sapete, un musico fallito, un pio, un teorete, un Bertoncelli o un prete a sparare cazzate! "
E il discorso, in senso assoluto, è valido ovunque dal mondo della musica a quello altrettanto competitivo delle arti visive, dai pubblici impieghi alle libere professioni, dalla scuola allo sport.
Liberi di essere altrettanto avvelenati.

sabato 2 ottobre 2010

nonsochedire

http://tv.repubblica.it/copertina/yoko-ono-3-minuti-di-orgasmo-al-moma/52626?video




Lungi da me l'essere insensibile nei confronti dell'arte e di qualunque espressione artistica, sotto qualunque forma e tramite qualunque mezzo, ma questa volta proprio non me la sento di proteggere l'opera -anzi la performance ad essere precisi- della signora Yoko Ono e di dire davanti a una serie di amici, tutti piuttosto pragmatici e dubbiosi circa la mia credibilità come critica, durante una cena campione in cui si parla di vari argomenti e puntualmete si giunge al tema arte-moda-design condotto solitamente dalla sottoscritta: "è arte! non si può giudicare la sensibilità di una persona. In quest'atto è presente tutto il mondo interiore dell'artista, tutta la sua emotività, la sua storia. Questo gesto porta con sé un cuore, un disagio uno stato d'animo, un rapporto, eccetera, eccetera, eccetera...".
Se questa variazione del lamento (o forse orgasmo?) della durata di tre minuti è espressione udibile del mondo interiore dell'artista, mi viene da pensare che questo personalissimo mondo interiore sia alla fine piuttosto povero se tutto ciò che c'è da esprimere è reso attraverso un "oooooooooooooo" di centottanta secondi. Non vedo preparazione, non vedo scelta, non vedo meditazione. Vedo solo un nome, un brand, un personaggio ben conscio che qualunque cosa decida di fare può diventare immediatamente arte, performance, relazione. Certo, ad essere totalmenti onesti lo stesso può valere per uno squalo, una litografia colorata, un aspirapolvere o un mucchio di caramelle di un angolo di una stanza, ma a me Yoko Ono non è mai piaciuta, e non perché ha diviso i Beatles o perchè soffra di una qualche forma di razzismo nei confronti degli artisti orientali di sesso femminile (trovo Vagina Painting indimenticabile), ma perché reputo tutta questa sua voluta incomprensibilità effettivamente incomprensibile a causa dell'assenza di un messaggio e di una direzione precisa se non quella dello scalpore e del successo.