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venerdì 7 ottobre 2011

SHOZO SHIMAMOTO@REGGIO EMILIA

 Oggi, al Palazzo Magnani di Reggio Emilia, ho visto qualcosa di bellissimo. Ho visto tanti bambini che sorridevano, gridavano e si stupivano. Ho visto bambini nascondersi, ridere, sporcarsi di colore con la libertà e la gioia che solo loro conoscono.
Anche i genitori, gli anziani e tutte le altre persone erano felici di vedere questi bambini sporcarsi di colore. 
Oggi ho visto un bambino di 83 anni fragile, leggero e felice come un ragazzino di 8.

La performance che questo bambino ottuagenario, l’artista giapponese Shōzō Shimamoto ha regalato all’incuriosito pubblico di Reggio Emilia inaugurava la personale a lui dedicata e curata da Achille Bonito Oliva.


Non commenterò la performance e non parlerò dell’opera di Shimamoto; non ne sarei in grado e direi solamente un sacco di banalità. La cosa che mi sembrava più importante era riportare l’avvenimento, sperando di riuscire a trasmettere il divertimento e l’entusiasmo di un pubblico nutrito e variegato che ha interagito con l’artista, incoraggiandolo, applaudendolo, incitandolo.

 


Oggi ho visto un bambino di 83 anni fragile, leggero e libero come un ragazzino di 8

giovedì 29 settembre 2011

RI-CICLI DEL DESIGN (a detta di un profano)

Ultimamente il design - ed in particolar modo la ricerca riguardante il design -  si sta focalizzando su un filone tematico che si sviluppa parallelamente a quello più mainstream (per capirci: le pubblicità di Cappellini, Flos,ecc.. che anche la Signora Cesira vede sulle riviste che fanno molto up to date).
Se da una parte continua il percorso creativo del design conosciuto ai più (utensili da cucina, divani, sedie, tavoli, luci...), dall'altra questo stesso percorso sta ri-scoprendo il riciclo ed il recupero come pratica progettuale.


Necessità (dopotutto le crisi impongono cambi anche repentini nelle pratiche quotidiane), stimolo creativo, sfida, opportunità, moda. Ognuno è libero di interpretarlo come preferisce, dopotutto anche il guru Starck (dopo anni passati a sguazzare nella plastica) si è riscoperto fervente ecologista.
E' però un dato di fatto che alcuni designer tra cui i celebri olandesi Droog  ( ma buoni segnali vengono anche dall'Italia  ) sono stati capaci di fare di necessità ,o ideali , virtù. Senza per questo perdere la vena ironica, ludica e giocosa che  a mio avviso  il buon design dovrebbe sempre considerare.
Con il progetto Rubbertree, la designer olandese Anne Marie van Splunter crea un playground coreografico per una scuola in Thailandia frequentata da bambini profughi; un "albero con radici lunghe ed in espansione offre un paesaggio aperto ed invitante su più livelli, spazi per esplorare e per muoversi". Il progetto, nonostante la funambolica struttura del telaio interno (scommetto che anche quei tubolari metallici saranno oggetto di riciclo ), è molto semplice. I pneumatici inutilizzati vengono recuperati e diventano strumento di gioco, perlopiù non contundente.





A prima vista l'ho trovato inquietante, poi ho subito pensato alla passione che provavo da bambino per i passaggi segreti, i giochi misteriosi e gli angolo nascosti: e se il design , in fondo, non fosse altro che un posto magico nel quale poter giocare? 

venerdì 23 settembre 2011

Mimetismo vestimentario. (Diffidate dalle imitazioni)




Sul blog del direttore (non intendo specificare direttore di cosa) è uscito oggi un post-ode alla nuova eleganza vista su un po' tutte le sfilate già a partire dalla collezione FW 11-12 (http://www.vogue.it/magazine/blog-del-direttore/2011/09/23-settembre
Non posso che essere d'accordo con il Direttore. Peraltro mi sono anche chiesta se il post fosse una necessaria recensione del mood imperante o fosse una frecciatina - si fa per dire il diminutivo- alla collega Anna Dello Russo. Purtroppo non conosco abbastanza bene i gossip circa i rapporti tra le due e posso solo immaginare odio represso e mascherato da sorrisi forzatissimi in ceramica splendente e zigomi rimpolpati con acido ialuronico ( i medici mi scusino). 

Non se ne può più di vedere blogger, socialite e tutti i vari tipi umani parte della fauna modaiola o aspirante  membro della suddetta tribù, nell'atto di travestirsi al solo scopo di farsi notare, fotografare per apparire su un qualunque blog, ammirare e additare ed essere assimilati ad Anna Piaggi. A casa mia si dice che queste persona ci credono un po' troppo. 


Forse ho la mente poco elastica e non vengo da una metropoli ma a casa mia si dice che bisogna farsi notare per quello che si dice e che si fa - di intelligente si spera- e non per quanto è appariscente una giacca o scollata una blusa. E non mi si parli di quanto l'abito faccia parte della presentazione del sé e sia un momento fondamentale nella costruzione dell'individuo e "sono quello che indosso" o "I buy therefore I am". Ho fatto una tesi specialistica in sociologia dalle moda e sociologia dei consumi quindi ho presente l'argomento.  
Quando vedo quei personaggi che "vorrei essere un hipster che dipinge con le mani, scrive musica alternativa utilizzando un Mac e delle pentole, inventa short story lunghe un tweet, ma purtroppo passo tutto il mio tempo a cercare di sembrarlo comprando camice a quadri in cotone organico e occhiali con la montatura in ebano da non avere più neanche un attimo per capire come si accende Garage Band" gli chiederei  se secondo la loro opinione il concetto di tarda modernità comprende o è assimilabile al concetto di modernità liquida. Mica vorrano fare gli intellettuali senza conoscere Featherstone o Bauman. C'est impossible! Non è che se indossi del feltro diventi di conseguenza Beuyes. 

Attenzione non parlo del travestitismo o di coloro che praticano performing art. Anna Piaggi è una giornalista, storia del costume e della moda, archivista e collezionista che avercene così! Così come anche Lady Gaga o Bjork che provengono da  mondi ben diversi si trovano a un livello differente. Collaborano con artisti, sono esse stesse delle artiste e il travestimento fa parte della performance che a volte arriva a coincidere con la loro stessa vita. 

L'abito fa il monaco sì, ma fino a un certo punto. A VOLTE, se non si valutano accuratamente il contesto, il messaggio che si vuole trasmettere e il destinatario si rischia di divenire solo ridicoli e un po' patetici. E non parlo di una kefiah, di una  tuta verde militare cinese, di un abito a lungo a fiori e di una spilla da balia. Ogni gruppo o tribù per distinguersi dalla comunità di provenienza e riconoscersi l'uno l'altro indossa una propria divisa, ma a volte si assiste a dei fenomeni di mimetismo- proprio come nel regno animale - e dei falsi membri assumono il travestimento del gruppo a cui ambiscono per esserne considerati tali. 
Ma d'altronde l'aveva già capito anche Simmel: le cameriere delle case alto-borghesi di primo Novecento imitano nel vestire le proprie padrone che a loro volta cambieranno modo di vestire per non essere scambiate con la servitù. E questa è la moda.

Ad ogni modo, vi lascio con un foglietto illustrativo su come sembrare un vero  hipster. Potete iniziare scrivendo i vostri testi in Helvetica. Purtoppo non ho trovato lo stesso vademecum per artistidi, indie, radical chic e gauche caviar.






giovedì 18 agosto 2011

Clubbing Culture


Si abbandonano per una volta i temi altissimi e nobilissimi trattati solitamente in questo blog per parlare di clubbing culture.

Chi scrive ieri, dopo forse 8 o 10 mesi di astinenza – che a 25 anni corrispondono a lustri, forse decenni.. you know , life is too fast whe  you are joung – si è recato in discoteca. La serata si chiamava “Mercoledì da leoni” … (mi scusi signor Umberto Eco, so che odia i punti di sospensione messi a caso, ma in questa occasione vorrei che il lettore riempisse come meglio crede questo vuoto di significato come lei raccomanda. Io non me la senso di dare opinioni sul nome della serata. Veramente). 
Per non danneggiare il locale rimarrò nell’anonimato. La discoteca si trova in una città lombarda circondata da tre laghi, e questa si trova proprio affacciata su uno di essi. Tutta illuminata con le lucine bianche , tipo ultimo matrimonio di Kate Moss  per intenderci, è un posto molto chic e trendy. Dicono… (Caro Umberto, vedi sopra).
Appena arrivati nel parcheggio interno vedo nella prima fila un Ferrari con relativo Malagò de noatri e Belen del nostro paese (eh già proprio come la salsa del merda) colti durante l'uscita. Credo fosse una performance, o forse un tableau vivant perchè tale azione è durata per qualche minuto ed è stata certamente reiterata lungo tutto l'arco della serata. Belli, abbronzati, ricchi e con relativa “luccicanza” nel sorriso.  Che invidia. Accanto una Bentley, accanto un 4s, accanto uno Z4, accanto un CLK, accanto un R8. Poi via via che ci si allontanava dall'ingresso del locale il prezzo del ferro scendeva in modo inversamente proporzionale. Ecco un trattato di sociologia del territorio. 
WOW, che parco macchine! Ma, un dubbio: non fa forse troppo anni 90? Insomma siamo in periodo di crisi mondiale, in austerity! E soprattutto ora il lusso non fa più tendenza. Porto Cervo è out! Ormai anche Costantino si è rotto di stare posteggiato sotto al Pineta con il suo Q7 di cartone a giocare alla play station! Ora è “eco-friendship” la parola da mettersi bene in testa se si vuole essere il nostro guru.  Quindi, caro Malagò, comprati una macchina elettrica (Luciano Ligabue, il vate, lo fa già da qualche anno), mentre tu, Belen, invece di mettere quei tubini in pelle di anguilla che così stretti ti fanno venire la cistite faresti meglio a indossare un bell’abito-saio in cotone organico tinto con con colori naturali (Bjork doceta as usual).  




E basta Costa Smeralda, basta Versiglia! Ormai ci va solo Simona Ventura, a fare la boa, dicono.  

Se vuoi essere sul pezzo devi andare a fare un tour per le cantine della Catalogna con Gwyneth e Chris. Oppure in Provenza a vedere i campi di lavanda. E dopo che li ho visti che faccio? - mi chiederai. Niente -ti rispondo - li miri e li rimiri. Non c’è niente di più cool.





Per quanto riguarda la musica ho scoperto con grande rammarico che la fantastica musica dei primi duemila: Emanuele Inglese, Zappalà, Di Rocco o Ralph non vanno più di moda. La mia amica - molto più esperta di me - mi dha detto che probabilmente questi grandi musicisti ora si aggirano per ospizi con fisiologica e relativo carrellino. Ora è David Guetta che spacca, Martin Solveig, Bob Sinclar. Sarà, ma io a quello che canta “danza kuduro” metterei un kuduro dove non batte il sole.
Per quanto riguarda la flora e la fauna del locale ho riscontrato un curiosissimo mix culturale - tipo meltin pot tra il globale e il locale, tra il manzo cittadino e il cantante di paese - che mi è sembrato la cosa più moderna della serata. Il "di tutto un po’", molto democratico e molto liquido. Bauman e Polhemus lo sapevano già.

giovedì 9 giugno 2011

Caro mio Francesco

Il titolo del post cita una delle canzoni più belle scritte nell'ultimo anno per opera del nostro vate Luciano Ligabue ma allude a ben altro Francesco. Non Guccini, bensì Vezzoli. 
Pupillo di Miuccia Prada e Patrizio Bertelli, amico, collaboratore, sabotatore, creatore e dissacratore di molte icone mediatiche: da Lady Gaga a Natalie Portamam, da Benicio del Toro  a Sharon Stone che viene proposta come presidente degli Stati Uniti. Per il progetto ora in mostra a Cà Corner della Regina - sede del nuovo spazio museale della Fondazione Prada a Venezia -   si è servito ancora una volta di una celebrety per creare un suo  "finto" museo: Eva Mendes, protagonista di La nuova dolce vita dove reinterpreta veneri e sante della storia dell'arte: Paolina Borghese, la nascita di Venere del trono Ludovisi, e la santa Teresa "transverberata" berniniana. (Una Eva Mendes  che peraltro in tempi  non sospetti avevo notato vestire un po' troppo spesso con abiti a righe smerarldo-nero e camiciole banana-printet della collezione Prada ss 2011 che la facevano un po' troppo somigliare a Carmen Miranda. sì, lo ammetto, sono solo invidiosa).











Caro mio Francesco, 
sei bravo, bravissimo. Sei pop, ma non mass. Dissacri ma non distruggi ciò che per noi è sacro (come Paolina Borghese ma soprattutto Lady Gaga che diviene portatrice di nuovi valori cotruttivisti al posto della contatina di Rodchenko. Si veda a tal proposito il nuovo cotruttivismo vestimentario proposto dal suo image curator Nicola Formichetti, ora direttore artistico di Thierry Mugler). 


Caro mio Francesco,

sei così amabilmente postmoderno senza farci pensare a Derrida, sei così intriso di fashion ma ancora spontaneo e bonariamente  dannato. Citi continuamente Pirandello con Così è se vi pare , è la mia preferita! Il tema goffmaniano delle maschere è il mio pane sociologico quotidiano. Tu hai capito senza snobismo che "art e mode font un bon mariage" parafrasando Bourdieu.  
Ti prego Francesco, fammi diventare la tua assistente tutto fare, risponderò al tuo cellulare fingendo che tu l'abbia perso quando Miuccia lamenterà nuove opere, diventerò la ghost writer per le migliaia di interviste che ricevi settimanalmente e che "finatmente" vorrai rilasciare come fai nella tua arte, stirerò le camicie che solo tu sai stropicciare così sapientemente e figosamnete, guiderò la tua gondola per tutta la Biennale. 

giovedì 12 maggio 2011

Rag Chair by Me


Ecco come produrre e riprodurre la famosissima Rag Chiar by Tejo Remy Droog Design, totalmente ecosostenibile e per niente economicamente sostenibile (essendo ogni pezzo unico e absolutely hand made il prezzo lievita!).


Recarsi nella zona industriale di un qualunque distretto "un minimo tessile" e cercare i ritagli di tessuto e gli scarti di materassi già tagliati che diverranno materiale per quelli che nel distretto tessile carpigiano si chiamano "stracciaroli". 


Non è  questa parete di stracci (Rag Wall la si potrebbe intitolare, o The impossibility of cleaning in the dirty mind per fare l'eco a Hirst che non si sa mai che porti bene) un'installazione e intervento di land art di grande respiro e profonda riflessione, ricca di citazioni -da Pistoletto a Boltanski- anche se totalmente inconsce?
L'estetizzazione del quotiano è forse negli occhi di guarda?
Pistoletto, Venere degli stracci, 1967


Boltanski, Personnes, 2010




lunedì 11 aprile 2011

Nutella 150

Per i 150 dell' Unità d'Italia, anche il nostro miglior portabandiera di sempre ha voluto rendere omaggio alla ricorrenza. Una serie limitata dove si celebrano l'arte, la storia, il design e l'architettura italiani.
Il restyling celebrativo è opera del gruppo ARC'S_independent creative agency (http://www.arcs.to.it/);
e - anche passando per luoghi molto comuni - riesce comunque a ricordare/ricordarci il bello che ha attraversato la nostra storia (ma la fanfara??!!)










venerdì 8 aprile 2011

Fight da Faida

La faida in questione per una volta (e per fortuna aggiungo) non riguarda  famiglie criminali. 
I protagonisti di questa street faida sono invece il celeberrimo street artist Banksy e la sua nemesi, il misterioso Robbo.
tale Robbo, con il supporto della sua crew, ha deciso che è giunta l'ora di levare il re dal trono. A colpi di aggressività, talento bombolette spray; tutto in nome della street credibility (e della gloria). 








mercoledì 6 aprile 2011

GEEK vs NERD

 Domando scusa. Invoco la Pietà dei Nerd.
Nel post precedente ho parlato di nerdismo orgoglioso in riferimento a questa folgorante collaborazione Apple / Playmobil (http://freshbasileveryday.blogspot.com/2011/04/hi-tech-kids.html); in verità avrei dovuto parlare di geek.
Dal Verbo di Wikipedia:

Geek:(pronuncia: /ɡiːk/) è un termine di origine anglosassone, indicante una persona affascinata dalla tecnologia. Il significato di geek non coincide con quello di nerd, avendo una connotazione positiva almeno tra coloro che si fregiano del termine e amano etichettarsi in tal modo.
[…]Esistono diversi tipi di geek. Il geek informatico è il più noto, ma per estensione ogni campo di studi e molte realtà culturali hanno i loro geek. Per esempio esistono geek in politica,geografiascienze naturalimusicastorialinguisticasport, ma anche tra i giocatori di ogni genere, tra i radio-amatori, tra i fruitori di anime e manga (rispettivamente animazione e fumetto giapponesi), più spesso detti otaku, tra gli appassionati della serie televisiva Star Trek, chiamati trekkie o trekker, e in molti altri ambiti ancora.

                     

Quindi, mi scuso con gli amici nerd, ai quali dedico questo spezzone tratto da un masterpiece degli anni ’80.

                        

lunedì 4 aprile 2011

HI-TECH KIDS

In questi tempi di Big Bang Theory e nerdismo orgoglioso. ho avuto un' ulteriore dimostrazione di quanto  Apple sia ormai prossima alla beatificazione; a dimostrarlo una clamorosa joint venture con il mondo Playmobil.

N.B. Prego notare la figura del guru Steve Jobs con lupetto nero e jeans d'ordinanza e -chicca tra le chicche - la presenza di monopattini ipertecnologici  e sicuramente molto ecologically correct.










lunedì 28 marzo 2011

creATTIVITA' (???)

Questo post avrebbe la dichiarata intenzione di stimolare una riflessione, un dibattito sull'insegnamento all'interno delle facoltà di architettura, design, arti applicate.
Dopo esserci imbattuti in questo blog ad opera di Robert Janson, (http://jansonrobert.blogspot.com/) abbiamo constatato per  l'ennesima volta come, sempre più all'estero e sempre meno in Italia, la sperimentazione sul campo sia considerata sempre più un lusso. Una zavorra in alcuni casi; sia essa tecnica, artistica, concettuale.
Quasi come se una bolla invisibile delimitasse il sapere/vedere dallo sperimentare/vivere. 

Alla Lund School of Architecture (Svezia) evidentemente la pensano in maniera differente, come dimostrano le immagini scattate durante un workshop sull'utilizzo di materiali poveri, di fortuna, come forme di sperimentazione architettonica.

Gli studenti della Technische Universitat Darmstadt, Germania, hanno invece sviluppato un progetto per una casa passiva con sistema di fotovoltaico/ solare termico integrati. E il team di universitari ha vinto il primo premio per la Decathlon Competition.




Sinceramente ho provato molta invidia nei confronti di questi studenti - ma gli esempi, dalla Korea, alla vicina Spagna, sono veramente tanti e diversificati.
E se anche in Italia cominciassimo a pensare al fare come ad una fase dell 'apprendere? 


domenica 27 marzo 2011

La libertà di "Lusso"

Da qualche giorno nella città di Pechino non è più possibile utilizzare la parola "lusso" nei manifesti e nelle campagne pubblicitarie  promosse nella città. Si dice sia per evitare di creare aspettative  -inevitabilmente tradite- nei compratori delle migliaia di nuove abitazioni  che si propongono sulla carta come lussuose e altolocate mentre in realtà sono tutt'altro. La galassia di brand occidentali, che in Cina guadagna sempre più addicted e affezionati, non potrà più fregiarsi della parola e dell'universo semantico legato alla parola lusso. Concentrato di significati e valori a cui i sempre più numerosi nouveaux riches cinesi ambiscono e che i prodotti del fashion e del design occidentali rappresentano e di cui sono strumento ostentativo per dirla come Veblen. Forse è per questo che tra i maggiori nuovi collezionisti di arte compaiono sempre più cognomi cinesi. Oltre la moda, il design, l'arredamento e le automobili il vero lusso è possedere un'opera d'arte, unica o quasi. I nuovi milionari e miliardari cinesi imitano i consumi dei loro "compagni" (parola forse non troppo comunista per questi ragazzi nati all'alba della rivoluzione culturale) europei e americani. 
Dopo la censura sui concetti di democrazia e libertà, dopo le omissioni e i tagli sulle vicende dei monaci buddisti in Tibet anche il lusso finisce sotto l'accusa della commissione censoria cinese. 

venerdì 25 marzo 2011

PET (in) ARCHITECTURE

Alcuni anni fa, In Giappone prima e in Italia mai, usciva un libro, intitolato Pet Architecture, scitto da Yoshiharu Tsukamoto, membro fondatore dello studio di Architettura Atelier Bow wowhttp://www.bow-wow.jp/).



Il testo (per lo più in giapponese ma ricchissimo di immagini) mostra quella pet architecture che di Tokyo, ed in generale dell’architettura urbana in Giappone, è componente fondamentale. Architetture domestiche, fragili e stoicamente provvisorie che sono (micro)tessuto connettivo delle città.


  
                                                    

E, per estensione , si può parlare di pet architecture anche guardando le vending machine giapponesi,presenti ovunque e simbolo della frammentarietà della città stessa.



Scrivo tutto questo non per fare una tarda recensione di un libro comunque interessante ma perché stuzzicato da una nuovo filone della fotografia per l’architettura; una Pet Architecture dove i nostri simpatici pet esplorano edifici patinati, nello stesso modo in cui le scimmie di 2010 Odissea nello spazio guardano il monolite nero.